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Orpello amato e odiato, vezzo e tortura, l’indumento più scomodo e costrittivo mai concepito da essere umano è oggi simbolo di femminilità libera.
C’è voluta una rivoluzione culturale perché le donne potessero liberarsi della sua stretta morsa. Eppure il fascino del corsetto – rimasto onnipresente nell’abito per antonomasia più romantico e femminile, quello da sposa – ciclicamente torna a far breccia nei cuori di stilisti, celebrities e it-girls.
Strumento e indumento del vestiario intimo soprattutto femminile, studiato per proteggere, sorreggere, raddrizzare e soprattutto per accentuare nuove figurazioni del corpo imposte dalla moda, l’antico busto o corpino è presente fin dall’epoca classica, costante nel corso dei secoli, salvo rari periodi, in versioni più o meno costrittive di minore o maggiore volume, in un crescendo di violenza alle forme naturali che toccherà il suo massimo nel primo trentennio dell’Ottocento fino a farne prevalere l’immagine nel significato attuale del termine.
In questo senso l’ostracismo al busto, che sarà la grande intuizione di Poiret, segna lo spartiacque fra l’abbigliamento per un corpo da velare, nascondere nella sua silhouette costruita secondo canoni erotico-estetici e quello della donna libera in abiti sciolti e non più chiusa fra le pareti domestiche. Una storia lunga millenni: dalle fasce greco-romane (stróphion e strophium) con lo scopo di sostenere, accentuare o comprimere il seno, al brial (bliaud in francese), abito femminile di epoca romanica reso estremamente aderente sul torace da un sistema di allacciatura laterale che mostrava la sottostante camicia.
Estremamente rigidi perché metallici (XVI sec.) o, più avanti, realizzati con stecche in ossa di balena o di legno (dal XVII sec. in avanti), li ritroveremo rivestiti in raso, seta, guarniti in pizzo e pensati per sostenere e risaltare il seno. Diverranno corp piqué, saranno più imbottiti – per sopperire alla mancanza di forme – e nasconderanno taschine mignon in cui riporre boccettine di intenso profumo o sacchettini di erbe profumate. Verso la fine del secolo XVI acquisteranno l’iconica punta anteriore e la forma a imbuto.
Corpetto in plastica rossa sbalzato all’interno.
Sarà Christian Dior con il suo New Look a dare, a metà del Novecento – 1947 – revival al corsetto-guêpière, da adesso in avanti solo sinonimo di seduzione. Era il 1987 quando Vivienne Westwood portava in passerella un corpetto – chiamato Stature of Liberty – completamente rivoluzionato e adattato allo zeitgeist del momento. Oggi il marchio lo rilancia con stampe a forma di gattini, altamente instagrammabili e a misura della generazione Z.
Nel corso del secolo, ritroviamo il corsetto proposto in numerose collezioni fra cui quelle di Jean Paul Gaultier – iconico il corsetto con coppe a punta con cui vestì Madonna negli anni ’90 – Thierry Mugler e la sua iconica collezione “Les Insectes” del 1997.
di Jean Paul Gaultier.
Se servissero altre prove del fatto che il corsetto è la mania fashion del 2022, basta scorrere l’elenco delle icone di stile che lo stanno sfoggiando. A Sanremo i Maneskin si sono esibiti con corsetti rosa sopra ai completi firmati Etro, prendendo a calci gli stereotipi di genere. E ancora, Billie Eilish ha scelto il corsetto per posare sulla copertina di Vogue, come simbolo del suo nuovo stile più maturo e sensuale. L’elenco è lungo e comprende Elodie, in un corsetto in pelle, Bella Hadid e Dua Lipa. Ironia della moda: una volta il corsetto impediva i movimenti, adesso è il look più gettonato per una performance sul palco!
Nelle sfilate Primavera-Estate 2022, Maison di alto profilo come Gucci, Balenciaga e Alexander McQueen, così come brand emergenti, hanno riportato il corsetto in passerella, seguendo visioni ed estetiche diverse, evidenziandone la natura versatile ed eclettica. Un indumento pensato per primo dagli uomini, amato e detestato dalle donne, che ora può scoprire l’orizzonte rinnovato di una scelta consapevole, un briciolo di vanità, un guizzo di desiderio.
Il corsetto è facile da abbinare e lo si può declinare secondo qualsiasi stile, perché grazie alla sua struttura riesce a valorizzare ogni tipo di fisicità. Da oggetto simbolo della condizione delle donne oppresse e recluse dei secoli passati, a significato diametralmente opposto nel 2022.