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Un periodo piacevolmente movimentato per la Francia e per la capitale Parigi! Come da tradizione dal 1973 ad oggi, si puntano i riflettori sulla Paris Fashion Week Haute Couture, a seguito
della Fashion Week Menswear e il Vogue World 2024, un evento che coniuga moda e sport lungo la linea
temporale dei decenni del ‘900.


A termine della Fashion Week Menswear sono state molteplici le sensazioni percepite: dall’addio
alle scene di Dries Van Noten (dopo 38 anni di etichetta e 129 show), all’Esercito dell’Amore di
Rick Owens, attraverso cui il designer delle tenebre ha stupito con la sua capacità di tramutare
l’oscurità che lo caratterizza in una visione di raso bianco, passando per Pharrel Williams che per
Louis Vuitton convince con il suo concetto di conoscenza e condivisione tra le diverse nazioni del
mondo, trovando ispirazione dalle arti afro-diasporiche.


L’Haute Couture di questa stagione,dal 24 al 27 giugno 2024, è stata rappresentata dai grandi nomi della macchina moda e ad aprire le danze è stato Schiaparelli.
Lo show è un chiarissimo omaggio che Daniel Roseberry fa ad Elsa Schiaparelli, andando a
sottolineare quanto già novant’anni addietro lei fosse lungimirante nel suo concetto di moda,
totalmente indifferente alle regole del mercato e strettamente legata all’arte in ogni sua forma,
sublimando il talento di lei che riusciva a tradurre l’arte stessa in abiti.


Lo straordinario lavoro di Roseberry inizia con un richiamo ad una stola di piume indossata dalla
stessa Schiaparelli negli anni ’40, in occasione di un evento: la leggenda metropolitana racconta che
fosse un riferimento all’amica ballerina Anna Pavlova, interprete del Lago dei Cigni, che invece di
ricordare un cigno delicato ed etereo, la consacra a fenice forte e indipendente.


Le uscite sono una più sorprendenti dell’altra: il lavoro di sovrapposizione di volumi, di
artigianalità e di studio delle texture sono la conferma che Roseberry realizza meticolosamente
connessioni precise tra il passato ed il presente, avvalendosi di materiali inusuali e preziosi,
portando a risultato degli show impeccabili che sfiorano e si confondono con il mondo dell’arte.


Daniel Roseberry dopo lo show, commenta: “Chi acquista Schiaparelli lo fa per collezionismo. Non è più una concezione di moda da indossare, è diventata arte a tutti gli effetti, totalmente libera da leggi di mercato ed imposizioni, quasi come se si rivivesse una nuova rivoluzione a distanza di novant’anni da quella compiuta da Elsa stessa che onorava il potere della rinascita non solo della moda, quanto di sé”.


Ammiriamo dunque, translucenze, volumi, virtuosismi, in una location appositamente pensata
quasi al buio, illuminata da chandelier fiochi, così che l’unica fonte di sguardo fosse per l’opera
d’arte, la Fenice pensata da Roseberry che vuole dare la possibilità alle donne che indossano o
collezionano Schiaparelli di rinascere più e più volte.


Daniel Roseberry non delude neanche questa volta, riesce a restare ancorato ai concetti della Maison
portando la sua estetica e la propria visione ad un equilibrio con il passato in maniera magistrale:
ogni show Schiaparelli è garanzia di bellezza ed ogni dettaglio meraviglioso si lascia solo
applaudire.

Salvador Dalì, di cui elsa era la Musa, sosteneva che nessuno sapesse pronunciare Schiaparelli, ma
tutti sapevano cosa significasse: rivive ancora, ogni volta, risorgendo dal suo passato, come una
Fenice, Schiaparelli attraverso Roseberry.

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New baroque per Maison Valentino

Molti lo aspettavano come una sorta di secondo avvento ed eccoci qua: Sir Alessandro Michele (completamente a sorpresa) ha portato in tavola, nella mattinata di un torrido 17 Giugno, un menù di ben 171 portate di pret-a-porter per la Maison Valentino, di cui ha da poco ricevuto lo scettro di direttore creativo dal suo predecessore Pier Paolo Piccioli.

La moda, come ben sappiamo, è un mondo in continua evoluzione, dove le aspettative e le speranze si intrecciano con l’innovazione e la creatività. Alessandro Michele, noto globalmente per aver rivoluzionato il mondo Gucci con il suo stile eccentrico e tocco barocco, ha portato la sua inconfondibile firma anche nella maison romana.

Un’impronta inconfondibile sì, forse anche fin troppo. Sebbene non si possa negare che Alessandro Michele abbia una visione creativa unica, capace di unire eleganza e stravaganza, l’ex paladino di casa Gucci ha mantenuto il suo stile caratterizzato da strati di tessuti ricchi e sofisticati, colori audaci e dettagli ornamentali: frange, broccati, pois, mantelli, turbanti. 

Quando si tratta di Michele e dettagli, chi più ne ha più ne metta, ma osservando attentamente la collezione emerge un’incessante sensazione di déjà vu, come se le sue passate e apparentemente lontane vecchie passerelle fossero state semplicemente traslate in una cornice non molto differente.

Al primo annuncio di questo nuovo incarico, molti si aspettavano una fusione tra la creatività quasi camp del designer e l’eleganza senza tempo della maison di Valentino Garavani. Purtroppo o per fortuna, ciò che emerge prevalentemente da questa prima presentazione è la prevalenza del linguaggio estetico di Michele.

Il romanticismo etereo e sofisticato che definiscono da sempre il brand sembrano essere stati sopraffatti da una continuità stilistica che, seppur affascinante, appare ridondante.
Non si può non riconoscere il talento di Michele nel creare collezioni che raccontano una storia complessa e ricca di dettagli.

Tuttavia, per Valentino, c’era l’aspettativa di vedere una nuova narrazione, una reinterpretazione dei codici della maison attraverso il suo sguardo, piuttosto che un’estensione della sua visione per Gucci.

Il rischio di adagiarsi su formule vincenti del passato può diventare un ostacolo per l’evoluzione stilistica che una maison come Valentino si è col tempo guadagnata e meritata.

Si potrebbe concludere l’analisi di questo primo approccio solo con queste considerazioni, ma sarebbe corretto? Risulta evidente che definire la visione di Michele egoistica e/o autocentrica sarebbe decisamente erroneo, facendo solo anche una piccola gita fuoripista tra gli archivi di Valentino.

Ai più attenti, osservando i capi presentati, apparirà evidente il rapimento di Michele da parte della bellezza dell’archivio storico di Valentino Garavani, molti dei capi, infatti, sono un diretto omaggio alle vecchie glorie di casa Valentino, con particolari riferimenti a patterns e design degli anni ‘60 e ‘70, tra cui figurano gli iconici look dell’ex first lady, Jackie Kennedy.

Un vero tocco di classe che ha sottolineato l’importanza delle origini e della storia nella continua evoluzione del brand, oltre che una spiccata capacità di ricerca e stilismo da parte di Michele stesso. 

Alla luce di queste considerazioni viene da chiedersi: e se questa fosse un’occasione non tanto di rinascita, ma di arricchimento, di formazione, e di modernizzazione sia per il brand che per il designer? 
Inizio significa adattamento e, nonostante qualche passo incerto, il viaggio di Michele con Valentino è appena iniziato.

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Dior Cruise25: regale estetica punk

Nel verde cuore pulsante delle maestose Highlands scozzesi, tra le radure sconfinate e le antiche pietre che circondano il maestoso giardino del Drummond Castle, Maria Grazia Chiuri presenta per Dior la sua collezione Cruise 2025. Questo scenario incantato, impregnato di una serenità magica, ha fatto da sfondo a una sfilata che ha saputo unire la fredda quiete del paesaggio scozzese con un’audace estetica punk.

La location scelta per la sfilata non è casuale, lo stesso Christian Dior, nel 1951 aveva scelto le colline scozzesi per presentare la sua collezione primavera estate di quell’anno. Grazie a questo viaggio nella memoria, la collezione di Chiuri ha immediatamente trasportato gli spettatori in un’altra epoca.

L’aria fresca e la luce morbida del crepuscolo hanno creato un’atmosfera di pace e introspezione, accentuata dal suono delle cornamuse e dal canto degli uccelli. Questo ambiente sereno ha fatto da perfetto contrappunto alla collezione presentata.

Essa sorprende sopratutto per il suo coraggioso contrasto. Dior ha saputo mescolare con maestria un’anima sorprendente metal e trasgressiva con elementi della tradizione scozzese. Il risultato? Un mix audace ma classico che ha catturato l’essenza del punk senza perdere di vista l’eleganza intrinseca che caratterizza da sempre il marchio.

Le modelle sfilano, come guerriere che non mancano di dimostrare la loro impetuosa potenza bellica sfoggiando biker boots e abiti vellutati talvolta decorati in pizzo con particolare accortezza nei dettagli, che hanno definito l’elaborato complessivo. Importante è stato il ruolo del tartan su lana, palesato nelle sfumature più variegate dal blu e rosso, al giallo, viola e al senape.

Non è mancata la presenza del kilt, simbolo immortale della tradizione locale, abbinato per l’occasione a giacche di pelle decorate con spille e catene e bomber di nylon, cocker e maglie metalliche, donando una grinta sensuale e maestosa. Il tutto è circondato con eleganza da mantelle in matelassé strutturato e impreziosite da fantasie Toile de Jouy.

Gli accessori sono altrettanto protagonisti all’interno della collezione: borse decorate con motivi tartan, guanti in pelle e cinture borchiate hanno completato gli outfit, sottolineando l’incontro tra lo spirito ribelle e le secolari tradizioni. La tranquillità del castello scozzese ha creato un ambiente quasi mistico, in cui la collezione ha brillato ancora di più in virtù del contrasto.

In un mondo in cui spesso regnano caos e frenesia, la gita fuoripista di Dior nelle terre scozzesi ha offerto una visione di bellezza e di armonia, dove l’audacia del punk incontra la calma della tradizione.

Maria Grazia Chiuri porta in essere la celebrazione di una equilibrata dualità, tra pace e ribellione, tra passato e presente, dimostrando ancora una volta la capacità di Dior di innovare senza tradire le proprie radici. Una collezione che invita a riflettere su come i contrasti possano convivere, creando qualcosa di unico e affascinante.

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MET GALA 2024: i vincitori

Il Met Gala ha ancora una volta catturato l’attenzione globale. Il tema di quest’anno si è palesato in una celebrazione dell’irrazionale e dell’immaginario che ha trovato la sua massima espressione negli straordinari look indossati da alcune delle più grandi celebrità ed icone del momento.

Maison Margiela, sotto la guida creativa di John Galliano, ha abbracciato il tema con una visione che mescola abilmente realtà e sogno. La casa di moda nota per il suo approccio deconstruttvistico e innovativo si è perfettamente allineata con le astratte richieste del tema dell’evento per il 2024.

Tra gli highlights più notevoli della casa parigina vi è sicuramente il look di Zendaya. Conosciuta per le sue audaci scelte in ambito di moda, specialmente durante le passate edizioni del gala, la star californiana ha sfilato sul red carpet in un abito che sembrava fluttuare tra sogno e realtà.

L’outfit, un’elaborata creazione in tulle e seta con inserti iridescenti, sembrava catturare e riflettere la luce in modo etereo, creando un effetto quasi illusorio che ha lasciato il pubblico senza fiato.

Kim Kardashian, da parte sua, ha optato per un look che ha ridefinito il concetto di glamour surrealista. Il suo abito, una struttura complessa di tessuti traslucidi e riflessi metallici, accoppiato ad un busto che ha decisamente accentuato la silhouette dell’esponente di una delle famiglie più seguite al mondo, ha proiettato una visione futuristica con dettagli floreali che si sono fusi perfettamente con l’estetica richiesta.

Il tema del Met Gala per il 2024 ha invitato i designer a esplorare le profondità più surreale della realtà, deliziando tramite un abbandono della logica a favore dell’esplorazione dell’inconscio e dell’irrazionale. Maison Margiela ha interpretato il tema attraverso l’uso di tecniche sperimentali di taglio e costruzione degli abiti, oltre che attraverso l’uso audace di materiali e texture.

La scelta di questi look non solo evidenzia la maestria tecnica di Margiela, ma sottolinea anche l’impegno della casa di moda nell’essere all’avanguardia dell’innovazione nel design, dimostrando ancora una volta perché è considerato uno dei pilastri fondamentali nell’industria della moda odierna.

Sebbene Maison Margiela si sia concentrata giù sul lato surrealistico del tema di quest’anno, Balmain dal canto suo ha ugualmente catturato l’attenzione e merita di essere annoverato tra i “vincitori” della serata grazie alla sua sorprendente interpretazione del tema più orientato sul concetto dello scorrere del tempo con una serie di look scolpiti direttamente sulla sabbia. 

L’oracolare direttore creativo di Balmain, Olivier Rousteing, ha accettato la sfida del surrealismo con un approccio radicalmente innovativo, utilizzando la sabbia come elemento principale nei suoi design, perfino nel suo stesso look, indossando una singolare t shirt con sopra scolpito il proprio volto.

Tecnica simile è stata utilizzata sulla cantante sudafricana Tayla, che ha portato sulla scalinata del MET un’abito a sirena fatto interamente di sabbia, quest’ultima, infusa e compattata direttamente nei tessuti, ha creato un effetto visivo straordinario che ricordava sculture mobili, dando l’impressione che gli indumenti fossero stati forgiati dalla terra stessa.

Questo uso della sabbia non solo ha aggiunto una dimensione tattile e tridimensionale agli abiti, ma ha anche invocato il surrealismo attraverso la sua capacità di trasformare un materiale quotidiano in qualcosa di straordinariamente lussuoso. L’effetto complessivo era quello di una delicata erosione che rivelava forme e strutture nascoste, riflettendo perfettamente il tema del gala di esplorare l’irrazionale e l’immaginario.

Balmain ha mostrato ancora una volta che la creatività nel design può andare oltre i confini tradizionali del tessuto e del filo, introducendo materiali non convenzionali nella moda di alta gamma e dimostrando che la sua visione artistica è tanto audace quanto quella di Maison Margiela. Questi contributi hanno reso il Met Gala 2024 un campo di battaglia glorioso di innovazione e immaginazione, dove sia Maison Margiela che Balmain hanno brillato come veri visionari.

La vittoria del surrealismo al Met Gala 2024 non risiede quindi solo nell’eccezionalità dei costumi, ma nel modo in cui ha stimolato gli stilisti a esplorare e reinterpretare la realtà. Ogni abito rappresentava una fusione tra arte e moda, un dialogo tra il visibile e l’invisibile, tra il conscio e l’inconscio.

La serata si è dimostrata ancora una volta un trionfo della creatività e dell’innovazione, celebrando non solo stili individuali ma anche il potere collettivo della moda di sfidare, provocare e ispirare.

In sintesi, il Met Gala 2024 non è stato solo un’occasione per celebrare il glamour e la bellezza estetica, ma anche un momento per riflettere su come l’arte possa prendere vita per diventare un mezzo potente per esplorare e reinterpretare la nostra comprensione del mondo.

Con ogni piega di tessuto e con ogni scelta di design audace, il surrealismo ha dimostrato di essere il vero vincitore, lasciando ancora una volta un’impronta indelebile sulla cultura popolare e sulla moda contemporanea.