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La moda di Chiara Masetta

Dalla Sicilia alla Liguria, Chiara Masetta fashion designer emergente affronta uno dei viaggi fuori porta più intensi della sua carriera.

Formatosi a Palermo, Chiara ci racconta un po’ del suo percorso artistico, come inizia e le soddisfazioni durante la strada. Si specializza in collezione e confezione d’alta moda a Roma per poi spostarsi a Malta dove ha modo di lavorare dal 2016 al 2017 come direttore artistico per alcune aziende. Alla fine del 2017 rientra in Sicilia dove apre uno showroom in società con una collega, per poi invece dedicarsi alla nascita nel 2023 del suo sito personale e online chiaramasetta.com

L’etica del suo brand rispecchia la visione della designer, puntando sull’unicità dei capi lavorati a mano e sopratutto contrastando quello che è il fast fashion, promuovendo una moda che vuole i suoi tempi per essere perfetta. Perfetta per chi vi chiederete! Chiara Masetta ha come obiettivo anche quello di favorire le donne curvy, allontanandosi dalle conformi taglie dettate dal fashion system!

Dopo il suo rientro in Sicilia decide di aprire la sua azienda e-commerce con sede legale a Sant’Agata di Militello, senza però limitarsi al territorio. La partecipazione di undici delle sue creazioni all’interno degli eventi dell’ultimo Festival di Sanremo 2024, si può considerare l’attuale apice della sua carriera.

Mosse dalla curiosità di saperne di più, abbiamo la designer Chiara.

Quando nasce la passione per la moda?

La passione per la moda nasce quando avevo 16 anni: Ero una ragazzina e la moda nei primi anni del 2000 non era  esattamente così piena di alternative, quindi sentivo spesso l’esigenza di trovare qualcosa che mi appartenesse, che mi stesse come volevo io, che nascondesse i miei punti deboli per esaltare quelli di forza.

Sapevo che dovevo essere io a creare le condizioni per sentirmi bene nei miei vestiti e sapevo che come me molte altre ragazze e donne vivevano le stesse difficoltà.

Quindi ho deciso di intraprendere questa strada con l’intento di dover cambiare qualcosa. Infatti oltre a trattare le taglie standard tratto anche la linea curvy, perché è importante che una donna non si senta più dire in un negozio: “Non ho nulla della sua taglia”.

Quali sono le tre parole che caratterizzano il tuo brand Chiaramasetta?

Eleganza, inclusione, colore!

Parlaci della tua esperienza sanremese! Com’è nata questa opportunità?

Ho aperto il mio brand un anno fa e sentivo l’esigenza di crescere e di portarlo ad un livello superiore. Così ho iniziato a propormi in giro per delle sfilate, fino a quando un’agenzia mi ha proposto di partecipare agli eventi legati al festival. Ho accettato immediatamente, in 21 giorni ho realizzato 11 abiti ed è iniziata l’avventura.

Hai un tessuto preferito per la realizzazione dei tuoi abiti?

Di sicuro mi piace lavorare tantissimo la simil pelle. È un tessuto comodo, elasticizzato, facile da manipolare e di grande effetto estetico. Mentre per le collezioni estive mi esprimo benissimo con pizzi, cadie e popeline. in fibre naturali perché la pelle in estate ha bisogno di un trattamento e una cura maggiore.

Oggi, con l’esperienza, quali consigli ti senti di dare a chi sceglie la tua stessa strada?

Sento di dire a tutti di fare questo lavoro con l’entusiasmo giusto, di trovare la ricetta perfetta che ha come ingredienti: studio e ricerca, buon gusto, sperimentazione, creatività, talento e tanta tecnica.

È una passione che si trasforma in una professione e come tale ha bisogno di tutta la vostra forza e la vostra attenzione. Consiglio di non farsi mai influenzare da chi vi dice di mollare e di concentrarvi su altro, perché perdereste l’opportunità di fare il lavoro più bello del mondo

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Thom Browne e le favole

C’era una volta, in mezzo alla frenesia della grande mela, una cornice desolata e quasi surreale, dove un paesaggio innevato celava al suo interno una casa in disuso. Appena fuori di essa sorge un albero, una volta uomo, le cui braccia sono state sostituite da rami scuri e appassiti presenti anche sul suo copricapo.

Questo particolare “arbusto” però indossa un enorme piumino, lungo 9 metri, dal quale fuoriescono quattro piccoli modelli in completi eleganti compresi di giacca nera e shorts, per presentare la linea bambini di Browne.

I quattro “neonati” si apprestano poi a seguire la prima modella, palesatasi come un presagio funesto, avvolta in una stola di smoking ormai logoro, al di sotto del quale un corpetto trompe l’oeil in twill di seta bianca tenta di donare quel senso di eleganza evidentemente ormai perso nel tempo, ma non ancora del tutto spento.

Poco dopo inizia la consueta presentazione della collezione, composta da abiti sartoriali e cappotti dalle silhouette esagerate e imponenti. Arricchiscono l’elaborato anche tweed di denim stracciato e rose cucite in raso, flanelle di lana e intarsi di velluto, applicati su moiré di seta bianca. Completano il tutto poi accessori quali calzature con tacco imprigionate all’interno di uno strato di vinile impermeabile.

La palette cromatica non presenta toni particolarmente brillanti, il bianco e il nero la fanno da padroni, sebbene si accennino delle sfumature di grigio e dei piccoli dettagli rifiniti in rosso, blu e bianco per sottolineare anche in maniera minima l’appartenenza al brand.

Un’atmosfera gotica e genderless!

Accompagnati da una colonna sonora cheta e dalla risonanza spettrale, unita alla voce dell’attrice Carrie Coon, che vocalmente interpreta poesie di Edgar Allan Poe, i modelli procedono in linea discostante, alcuni decisi, altri incerti,  quasi spaesati, persi in un’atmosfera gotica la cui potenza visiva risulta evidente, infatti, nulla accade se non questo confuso avanzare dei “corvi” di Browne, eppure è impossibile distogliere lo sguardo, tutti gli spettatori sono rapiti dalla scena presentatasi dinanzi ai loro occhi.

Quest’esecuzione, unita all’accostamento di diversi materiali, crea una qualche sorta di armonia in mezzo all’oscurità angosciante, ma che allo stesso tempo trasmette tranquillità e speranza, ed è così che il caos si trasforma in bellezza. Complice di questo anche un’estetica genderless, mai assente nei moderni fashion show. Accade infatti che anche i modelli di sesso maschile presentano il volto decorato con trucco scenico completo di un acceso rossetto rosso cremisi, chiaro rimando al cinema muto degli anni ruggenti.

Lo show della collezione Thom Browne, curato dalla truccatrice britannica e creatrice di “wearable artIsamaya Ffrench, si conclude poi esattamente come era cominciato, con una ulteriore performance a precedere l’uscita finale dello stilista che porta con sé un enorme cuore scarlatto, in regalo al suo compagno (lo show si è infatti tenuto il giorno di San Valentino).

Accade che all’improvviso, un enorme insetto in palette dorata (interpretato dalla modella Alex Consani) si palesa all’interno della scena. Il coleottero viene spogliato della sua corazza in jacquard dai quattro neonati visti all’inizio, che rivelano così un completo composto da un cardigan con bottoni dorati e una gonna ampia rItraente il lugubre volatile, completa il tutto un fiocco con i colori del brand.

La peculiarità di quest’ultimo pezzo è rappresentata dalla distinzione cromatica rispetto ai pezzi proposti in precedenza, la quale tonalità spicca in mezzo alle altre lasciando l’atmosfera lugubre e scura e portando un messaggio di luce e speranza.

Chi acclamava lo stile minimal come top trend di questa nuova stagione dovrà immancabilmente ricredersi alla vista di quest’esecuzione. Thom Browne e non solo, riporta in auge la fantasmagoria tipica degli anni 90, dove a palesarsi sulla passerella non era solo un prodotto, ma una vera e propria performance artistica, che ha fatto appassionare generazioni intere al mondo della moda. Sebbene l’ispirazione al Corvo del già citato Edgar Allan Poe risulti evidente, dopo uno show del genere, si può dire di tutto, ma non certo “mai più”.

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La gioia del colore di Mirò arriva a Catania

A Catania il 2024 parte all’insegna dell’arte con la retrospettiva “Mirò, la gioia del colore”, curata da Achille Bonito Oliva con la collaborazione di Vincenzo Sanfo e Maïthé Vallès-Bled e il patrocinio della Regione Siciliana, l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e il Comune di Catania. Dal 20 gennaio al 7 luglio, il Palazzo della Cultura ospiterà 100 opere di Joan Mirò (1893 – 1983), provenienti da musei francesi e spagnoli: non solo dipinti, ma anche ceramiche, tempere, acquerelli, sculture e litografie che consentiranno ai visitatori di entrare nel variopinto e fantastico mondo del pittore catalano.

Un mondo che si rifiuta di essere prigioniero delle convenzioni della pittura e della società e anela alla libertà della sperimentazione pura, alla scoperta delle svariate forme che la materia può assumere. Dalle Avanguardie all’arte rupestre primitiva, passando per i grandi maestri del passato, lo stile di Mirò è espressione dello spirito creativo del suo tempo e vede nella linearità del simbolo e nell’energia del colore i protagonisti chiave per la creazione di un linguaggio universale, comprensibile a tutti.

A questa intenzione risponde l’apparente semplicità della sua produzione artistica che un occhio superficiale potrebbe accostare a quella di un bambino, scadendo nella tipica affermazione “potevo farlo anch’io”, riservata ormai a fin troppi artisti contemporanei. In realtà, le opere di Mirò sono frutto di una ponderata riflessione ed elaborazione, testimoniata dall’esistenza di diversi bozzetti preparatori.

Il suo tratto riconoscibile, unito all’intensità della sua tavolozza, è un invito ad abbandonare il rigore della ragione per inseguire il richiamo dell’immaginazione. In ogni opera è insita una spontanea vivacità che spiazza lo spettatore riportandolo alla dimensione ludica che si è soliti lasciare indietro una volta adulti.

La mostra catanese offre un percorso antologico che abbraccia circa sessanta anni di carriera dell’artista che insieme a Picasso e Dalì ha rappresentato una delle eccellenze della penisola iberica. Ogni sezione è dedicata all’approfondimento di ciascuno degli ambiti a cui Mirò si è interessato e tra questi certamente spiccano le copertine realizzate per la rivista d’arte francese Derrière le Miroir e le litografie per il libro illustrato di poesie di Tristan Tzara, padre del movimento Dadaista.

“Mirò, la gioia del colore” è un’occasione da non perdere sia per chi ha familiarità con l’artista catalano che per chi si affaccia per la prima volta al Surrealismo.

Visitate il link per conoscere ulteriori dettagli sull’esposizione a Palazzo della Cultura.

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Fiorucci is back!

Fiorucci, la casa di moda degli angioletti, ritorna nello scenario delle Fashion week a partire da questa spring/summer 2024 e noi ne siamo molto felici.

Il brand è stato uno tra i più amati degli anni novanta per la sua comunicazione sopra le righe e i capi iconici con stampe e grafiche che ancora oggi sono riconoscibilissime, come i due angioletti ad esempio. La storia del brand vede il susseguirsi di una serie di montagne russe sul mercato, prendendo le distanze dal sistema moda e dalle passerelle per diversi anni, ritornando nuovamente con una visione più eclettica che mai. Con la nuova proprietaria Dona Bertarelli, a dirigere la nuova vita del brand sarà il duo composto dal CEO Alessandro Pisani e la nuova direttrice creativa Francesca Murri.

Cosa ricordiamo in particolare di Fiorucci? Il suo romanticismo con quel tocco di malizia che ha sicuramente fatto la sua fortuna, vestendo una generazione in rivoluzione. Anche oggi il brand, dopo la morte nel 2015 del suo fondatore Elio Fiorucci, sembra approcciarsi a quella fetta di amanti della moda che vogliono giocare attraverso gli abiti.

La presentazione della nuova collezione Fiorucci spring/summer 2024 non si discosta dall’anima che conosciamo, 100% Made in Italy, ma si rinnova lavorando sul pop romantico che fa bene al cuore. Le parole d’ordine rimangono così rivoluzione, libertà, gioco e trasgressione, modi di essere che non passano mai di moda.