HAUTE COUTURE: Una frivola necessità

Pandemie, guerre, crisi economiche e disastri; l’alta moda sembra fuori luogo in questo coro di orrori che ci accompagnano quotidianamente. L’Haute Couture, letteralmente alta sartoria, ha da poco sfilato tra Parigi e Roma, mettendo in mostra ciò che di meglio possano offrire “les petites mains” o sart* che lavorano agli abiti. Colori brillanti e stoffe preziose, gioielli di una maestria finissima e vestiti da gran sera; tutto questo è sfilato in passerella, ma senza capirne il perché può sembrare una futile esposizione di ricchezza.

Prendiamo come esempio la sfilata f/w 22-23 di Valentino. La maison ha sfilato a Roma in piazza Spagna e ha portato ad un pubblico adorante ben 102 uscite, partendo da un mini abito fiorito di rose rosse per finire con un abito di un nero leggerissimo e luminoso. Pierpaolo Piccioli non si ferma qui perché puntualmente alla fine dello show ci presenta le sue sarte e sarti rendendoli protagonisti. Per Valentino è questo il senso dell’Haute Couture, celebrare la capacità tutta umana di creare bellezza e condividerla con il resto del mondo.

Daniel Roseberry per Schiaparelli ha un’altra idea. La sua collezione, fortemente legata all’heritage lasciato dalla fondatrice ma con uno sguardo all’innovazione e alla modernità, ci presenta abiti che sono vere e proprie opere d’arte. Riprendendo Cocteau e Dalì non solo riporta la mente dello spettatore alla grandezza della maison ai suoi albori, ma ci ricorda il ruolo di guida e di ispirazione che la vera moda deve avere. Certo forse non sono abiti che noi comuni mortali ci vediamo ad indossare per fare la spesa o la fila alle poste. Ma la loro impraticabilità, la loro impossibilità di esistere in un mondo reale, ce li fa amare e desiderare ancora di più. La loro dimensione fantastica ci fa sognare luoghi lontani e storie epiche.

E infine troviamo l’approccio del Re Giorgio. Non ha mai fatto mistero del suo amore per l’eleganza, per la semplicità dei design, mai banali o scontati. Armani ha come obiettivo quello di vestire ogni donna e si propone di farlo anche nell’Haute Couture. I colori sono i suoi preferiti; tra blu, nero, grigio e rosa pastello, le modelle ci raccontano di una donna raffinata, forse facoltosa, ma reale e viva. Una donna che lavora e respira come noi spettatori. Gli abiti sono inseriti in un’immaginaria quotidianità a cui tutti noi crediamo. La magia di Re Giorgio è l’esaltazione del minimo, la creazione di vite lontane ma così reali che ogni capo, dalla giacca al pantalone, parla.

Tre maison, tre visioni, tre modi di vivere l’Haute Couture. Ogni sfilata ha voluto esprimere una sfaccettatura diversa dell’alta moda; l’artigianalità,  il legame con l’arte e la funzionalità nella bellezza. In questi nostri tempi, per lo più cupi e spenti, la Moda ci da occasione di sognare, di ripensare alle nostre capacità e aspirazioni, di andare oltre la nostra condizione attuale e immaginarci altrove, liberi e bellissimi.

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