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Fiori d’inverno di Giorgio Armani

Conclusa la Milano Fashion Week Fall 2024 Ready to Wear, abbiamo applaudito, siamo rimasti incantanti, a volte abbiamo storto il naso, ma come in ogni Settimana della Moda la carne al fuoco è stata saziante per gli addetti ai lavori e gli appassionati.

È stato presentato un esposto di richiesta alla Camera Moda di Milano, in cui viene chiesto di prolungare la durata della Fashion Week ai fini comunicativi dei designer che si vedono costretti a movimenti troppo fugaci per l’importanza del messaggio che vogliono trasmettere con il proprio lavoro.

Questa richiesta è stata proposta da Giorgio Armani. Chiude lui la Settimana della Moda, riconfermandosi al di sopra di ogni dinamica di marketing fine a se stessa.

Non esistono i trends, non esistono le tendenze, esiste la visione pura ed essenziale della realtà: Armani, come sempre – ed ogni volta in modo eccellente – guarda al viso delle donne e veste i loro corpi non con il fine ultimo di un red carpet ma con l’intenzione di una passeggiata in centro a Milano, dove si dice stufo di vedere donne in mutande (forse richiamando proprio quel trend che vede culottes esasperate in ogni salsa su moltissime passerelle?).

“Fiori d’Inverno”, il nome della collezione Fall 2024 di Giorgio Armani, uno straordinario scenario bucolico in chiave invernale, che trae ispirazione dalla natura con il significato di bellezza eterea.

I fiori, quindi, sono i protagonisti assoluti, ricamati, stampati, intarsiati, sviluppati su lana, raso o velluto; la collezione è poetica, coerente con lo stile Armani, pulita, dalle silhouettes equilibrate, con una palette colori profonda ed avvolgente tipica di un inverno gelido.

Se da un lato vediamo creazioni perfette per eventi mondani, dall’altro incontriamo cargo, soprabiti e tonalità greige, look pensati per il giorno, efficaci ma allo stesso tempo sublimati dalla costante presenza dei fiori.

Apre la sfilata una modella d’eccezione per il panorama odierno: Gina di Bernardo, volto tra i preferiti di Armani per le sue campagne degli Anni ’80-’90. A tal proposito, segnaliamo la mostra fotografica “Aldo Fallai per Giorgio Armani, 1977-2021”, presso l’Armani Silos a Milano, fino all’11 agosto 2024 sarà possibile ammirare parte delle campagne figlie del sodalizio pluriennale d’autore Armani-Fallai.

Tornando allo show, è come assistere ad uno studio vero e proprio della realtà che ci circonda, la natura è il primo e ultimo senso dell’esistenza.

Delicata, elegante, sobria, presente senza esaltazioni, sussurrata; il simbolismo dei fiori fa da sinfonia alla melodia Armani, di cui il Re diventa sia direttore d’orchestra che sociologo. 

Giorgio Armani guarda alla realtà con analitico distacco, ripudia la moda quando essa diventa solo moda, la celebra nell’identità di compagna giornaliera degli individui.

Un buon regnante è giusto, equilibrato, guarda agli interessi del popolo, tiene alto l’onore della sua corona; Re Giorgio si riconferma sempre al di sopra di ogni aspettativa, interessato sul serio ai corpi che vestiranno le sue creazioni, conscio che ogni corpo è una persona e da tale va rispettata nella cosa più importante che possiede: la normalità, troppo spesso banalizzata negli ultimi tempi.

In un mondo moda-marketing che cerca di stupire con architetture frenetiche e provocazioni costanti, Armani riesce ad ammaliarci tutti con il più prezioso dei doni: l’identità.

I Fiori d’Inverno nascono in condizioni atmosferiche difficili, ma sanno essere di una bellezza e di una forza inimitabili, in condizioni di merch and trends a tratti soffocanti, riescono ad essere il vero giardino di splendore della Milano Fashion Week.

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Thom Browne e le favole

C’era una volta, in mezzo alla frenesia della grande mela, una cornice desolata e quasi surreale, dove un paesaggio innevato celava al suo interno una casa in disuso. Appena fuori di essa sorge un albero, una volta uomo, le cui braccia sono state sostituite da rami scuri e appassiti presenti anche sul suo copricapo.

Questo particolare “arbusto” però indossa un enorme piumino, lungo 9 metri, dal quale fuoriescono quattro piccoli modelli in completi eleganti compresi di giacca nera e shorts, per presentare la linea bambini di Browne.

I quattro “neonati” si apprestano poi a seguire la prima modella, palesatasi come un presagio funesto, avvolta in una stola di smoking ormai logoro, al di sotto del quale un corpetto trompe l’oeil in twill di seta bianca tenta di donare quel senso di eleganza evidentemente ormai perso nel tempo, ma non ancora del tutto spento.

Poco dopo inizia la consueta presentazione della collezione, composta da abiti sartoriali e cappotti dalle silhouette esagerate e imponenti. Arricchiscono l’elaborato anche tweed di denim stracciato e rose cucite in raso, flanelle di lana e intarsi di velluto, applicati su moiré di seta bianca. Completano il tutto poi accessori quali calzature con tacco imprigionate all’interno di uno strato di vinile impermeabile.

La palette cromatica non presenta toni particolarmente brillanti, il bianco e il nero la fanno da padroni, sebbene si accennino delle sfumature di grigio e dei piccoli dettagli rifiniti in rosso, blu e bianco per sottolineare anche in maniera minima l’appartenenza al brand.

Un’atmosfera gotica e genderless!

Accompagnati da una colonna sonora cheta e dalla risonanza spettrale, unita alla voce dell’attrice Carrie Coon, che vocalmente interpreta poesie di Edgar Allan Poe, i modelli procedono in linea discostante, alcuni decisi, altri incerti,  quasi spaesati, persi in un’atmosfera gotica la cui potenza visiva risulta evidente, infatti, nulla accade se non questo confuso avanzare dei “corvi” di Browne, eppure è impossibile distogliere lo sguardo, tutti gli spettatori sono rapiti dalla scena presentatasi dinanzi ai loro occhi.

Quest’esecuzione, unita all’accostamento di diversi materiali, crea una qualche sorta di armonia in mezzo all’oscurità angosciante, ma che allo stesso tempo trasmette tranquillità e speranza, ed è così che il caos si trasforma in bellezza. Complice di questo anche un’estetica genderless, mai assente nei moderni fashion show. Accade infatti che anche i modelli di sesso maschile presentano il volto decorato con trucco scenico completo di un acceso rossetto rosso cremisi, chiaro rimando al cinema muto degli anni ruggenti.

Lo show della collezione Thom Browne, curato dalla truccatrice britannica e creatrice di “wearable artIsamaya Ffrench, si conclude poi esattamente come era cominciato, con una ulteriore performance a precedere l’uscita finale dello stilista che porta con sé un enorme cuore scarlatto, in regalo al suo compagno (lo show si è infatti tenuto il giorno di San Valentino).

Accade che all’improvviso, un enorme insetto in palette dorata (interpretato dalla modella Alex Consani) si palesa all’interno della scena. Il coleottero viene spogliato della sua corazza in jacquard dai quattro neonati visti all’inizio, che rivelano così un completo composto da un cardigan con bottoni dorati e una gonna ampia rItraente il lugubre volatile, completa il tutto un fiocco con i colori del brand.

La peculiarità di quest’ultimo pezzo è rappresentata dalla distinzione cromatica rispetto ai pezzi proposti in precedenza, la quale tonalità spicca in mezzo alle altre lasciando l’atmosfera lugubre e scura e portando un messaggio di luce e speranza.

Chi acclamava lo stile minimal come top trend di questa nuova stagione dovrà immancabilmente ricredersi alla vista di quest’esecuzione. Thom Browne e non solo, riporta in auge la fantasmagoria tipica degli anni 90, dove a palesarsi sulla passerella non era solo un prodotto, ma una vera e propria performance artistica, che ha fatto appassionare generazioni intere al mondo della moda. Sebbene l’ispirazione al Corvo del già citato Edgar Allan Poe risulti evidente, dopo uno show del genere, si può dire di tutto, ma non certo “mai più”.

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“Una di noi”, il ritorno a Firenze di Luca Magliano

Una lunga discesa dalla scala frontale del Nelson Mandela Forum di Firenze segna l’inesorabile ritorno nel capoluogo toscano di Luca Magliano, che presenta ufficialmente la sua collezione Fall/Winter 2024-2025 in occasione di Pitti 105.

La collezione presenta un assortimento di cappotti oversize e capi di maglieria riutilizzati come giacche, completi eleganti la cui morbidezza accarezza gli occhi dello spettatore e borse in plastica che fungono da accessori, completano poi l’opera calzature da lavoro riadattate in chiave street. Questo “ricco” assortimento trova in sé anche spazio per la politica, con una t-shirt rappresentante una caricatura di Leonardo da Vinci imbrattata dalla dicitura «Leonardo una di noi». 

I capi della collezione sono stati sviluppati in collaborazione con brand di punta della manifattura made in Italy: Untag (Per i binder); Borsalino (Per i cappelli); Kiton (Per i capi sartoriali).

I modelli percorrono la scalinata in un ritmo lento, costante, pigro, quasi trascinato, non curante della velocità con cui il mondo avanza intorno a loro nel suo continuo defluire d’impazienza.

Completa l’esibizione un’impegnativa risalita della scalinata, stavolta di spalle, sulle note di “La domenica delle Salme” di Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani. Il brano, da sempre stendardo della tipica provocazione deandrediana, rappresenta il rifiuto della sempre più dilagante stretta del politicamente corretto in un’atmosfera ribelle e irreverente, calata su di un mondo di cupo sconforto.
Gli abiti di questa collezione sembrano rappresentare il mondo che ci circonda. Ciò che può sembrare un accostamento pigro e senza impegno, in realtà nasconde un significato più profondo.

Esso non è il risultato del tanto famoso “tuffo nell’armadio” ma bensì un’espressione pura e semplice di individualità in un mondo che dopo guerre e pestilenza tenta di ritrovare un’armonia nella sua semplicità.

Pitti Uomo si sa, è da sempre la kermesse della moda maschile ed è proprio in questo che Magliano tenta di differenziarsi dando spazio anche alla figura femminile, riadattata in chiave più fluida, confermando per l’ennesima volta il superamento del concetto che fu la distinzione tra capo da uomo e capo da donna. Tutti i modelli infatti, sebbene di generi diversi, appaiono androgeni e perfettamente adagio nella loro essenza, che va oltre il genere di nascita.

La collezione rielabora il tradizionale concetto di mascolinità in una chiave più moderna e rilassata, senza dimenticarsi di lasciare un’impronta queer sul terreno dove il dandy e lo skater hanno trovato il connubio.

A cinque anni dal suo debutto in Pitti, Magliano lascia dietro di sé una passerella dal messaggio politico deciso e forte, anche nella sua semplicità attraverso un’eleganza esclusiva, ma popolare.

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Milano Fashion Week: Gucci “ancora” da scoprire

I fiori nascono per ricordarci quanto la pioggia sia necessaria, e sbocciano per dimostrarci l’importanza di concedersi del tempo ed essere pazienti.

Con questa analogia potremmo riassumere l’ultimo show di Gucci per la sua collezione Spring Summer 2024, presentata in occasione della Milano Fashion Week 2023 e curata da Sabato De Sarno.

La collezione s’intitola Ancora, e segna l’esordio ufficiale di De Sarno alla direzione creativa della maison Gucci, in successione di Alessandro Michele.

L’interno di un locale buio e tetro (ironia della sorte scelto proprio a causa delle condizioni atmosferiche del capoluogo lombardo in questi giorni) vede sfilare scarpe con zeppa, abiti sottoveste rifiniti in pizzo e capispalla in pelle con borse abbinate, pantaloncini sartoriali, tute corte eleganti e molto, molto rosso, da sempre colore iconico della maison. A completare la cornice il dettaglio brillante presente su numerosi capi appartenenti alla collezione che sembrano provenire direttamente dagli archivi della casa di moda.

Se vista nel complesso, la collezione presenta capi piuttosto basici, indossabili perfettamente nella quotidianità di tutti i giorni, ma nonostante questa considerazione, in essi risultano evidenti le impronte di leadership creativa che il novizio De Sarno ha lasciato nella maniera più pratica e funzionale, nonché gradevole da un punto di vista stilistico e visivo. Da quando Alessandro Michele ha annunciato la sua dipartita dalla carica di direttore creativo nel Novembre del 2022 infatti, le sfilate della casa di moda italiana non avevano convinto molto gli osservatori. Esse infatti, nonostante vi fosse lo sforzo da parte di Gucci di conquistare gli spettatori attraverso delle suggestive location, risultavano pregne dell’assenza di una guida, di un filo conduttore comune, e questo ha portato molti a definirle come gigantesche arrampicate sugli specchi, perpetrate in attesa di un salvatore che trasportasse l’azienda in una nuova era.

Ad oggi, l’attesa è stata ripagata. Si può affermare che De Sarno abbia svolto perfettamente il suo ruolo cambiando decisamente rotta dal regime precedente, caratterizzato da un perpetuo tocco di stravaganza ed esagerazione, quasi associabile al camp. Dal canto suo, il nuovo direttore creativo nella sua semplicità porta in scena abiti che colpiscono chi gli osserva anche senza l’ausilio di accessori eccentrici e/o silhouettes particolarmente voluminose, l’ambientazione stessa sembra comunicare l’intento dell’operato di risultare semplice ma comunque attento ai dettagli e al tempo stesso memorabile.

I cristalli presenti su gran parte dei capi proposti non rappresenta un tentativo di oscurare l’outfit di partenenza, ma bensì un piccolo dettaglio luminoso, gioioso ed effervescente facente parte di uno scenario più ampio, essi ricordano molto la rugiada sui fili d’erba del primo mattino, che implicano l’avvenire di un nuovo giorno, di un nuovo inizio.

La nostalgia dei tempi che furono forse non si è allontanata del tutto, ma quel che è certo è che un nuovo percorso è iniziato per il marchio fondato da Guccio Gucci, da sempre capace di stupire, affascinare ed infondere gioia e colore in chiunque lo indossi, senza mai mancare di eleganza e di ricchezza nei particolari.

Non ci resta dunque che aspettare allora la prossima sfilata per scoprire come Gucci e Sabato De Sarno saranno capaci di stupirci dopo averci già dimostrato che è sempre possibile rinascere, anche dalle piccole cose, ancora e ancora.  

Green ed inclusione alla MFW22

Lo scorso martedì si è conclusa la MFW22, settimana fittissima di eventi formali, sfilate ed eventi green e inclusivi. In città è tutto in evoluzione: i mezzi che collegano il quadrilatero sono gremiti di curiosi in fibrillazione per la tanto attesa settimana della moda italiana. E’ facile incontrare personaggi del settore, influencer e famosi Tik Toker scesi dall’Olimpo social che gironzolano per Milano – un giorno mi è anche capitato di prendere il caffè al Bar Brera con accanto Suzy Menkes! –

La Camera Nazionale della Moda a partire da quest’anno e per la prima volta, ha mostrato i propri contenuti sul profilo TikTok e ha offerto la possibilità di seguire gli eventi ufficiali online sul canale milanofashionweek.cameramoda.it. Tra gli eventi della CNMI ho preso sicuramente parte al Fashion Hub che si è tenuto all’ADI Museum di Milano per celebrare designer emergenti ed indipendenti. Tra questi Gilberto Calzolari che quest’anno ha presentato la sua collezione upcycling in uno spazio dedicato, con una giornata speciale a supporto del progetto “A Global movement to uplift underrepresented designers” organizzato da Blanc Media in collaborazione con CNMI.

Preview look SS23 – Gilberto Calzolari

L’attenzione di CNMI è andata sull’Ucraina con il progetto “Hope Fashion Ukraine“, iniziativa patrocinata da CNMI e supportata da Confindustria Ucraina, Ucraina’s Fashion Week e dal Consolato Onorario Repubblica Ucraina per dare visibilità a 13 brand ucraini che espongono le loro creazioni.

Hope fashion Ukraine

Il Kia Designers Awards ha avuto uno spazio dedicato ai temi dell’innovazione e della sperimentazione. I finalisti hanno avuto la possibilità̀ di seguire negli scorsi mesi un percorso di mentoring focalizzato sulla tecnologia e sul concetto di innovazione, che si concluderà̀ con la presentazione di originali outfit disruptive, in una presentazione immersa con video totem maxiLED.

Il progetto “Designer for the Planet” è dedicato alla valorizzazione del panorama della moda sostenibile italiana con lo showcase di 5 brand emergenti impegnati nello sviluppo di collezioni eco-conscious. I designers sono Acidalatte, Bennu, Endelea, _Dennj_ e Atelier Florania. L’hub è stato allestito per tutta la settimana ed ha ospitato numerosi eventi ed sfilate ufficiali come l’attesa sfilata di Stella Jean. Atelier Florania è il brand che ha ricevuto la menzione speciale da Camera Buyer Italia, con cui ho avuto modo di approcciarmi lo scorso 5 maggio durante il FashRevLab Upcycling into the future di Fashion Revolution Italy. L’evento che si è tenuto al presso D-House- Laboratorio Urbano in Via Galileo Ferraris a Milano dove sono stata invitata come designer emergente con la mia collezione di Brandelli ad esporre un mio look.

A chiudere questa ricchissima edizione sono stati i CNMI Sustainable Fashion Awards, evento giunto alla sua quinta edizione in collaborazione con Fondazione Pistoletto. Nella cornice del Teatro alla Scalale personalità e i progetti realizzati nell’ultimo anno dedicati alla sostenibilità̀ selezionati da una prestigiosa Giuria Internazionale e presentato da Rossy de Palma, poliedrica artista e performer.

Carlo Capasa e Michelangelo Pistoletto per il CNMI Sustainable Fashion Award22

In linea con il nostro operato di questi anni,” ha dichiarato Capasa, “il programma della Milano Fashion Week riflette il nostro grande impegno verso tematiche di primaria importanza, tra cui la promozione della sostenibilità, il supporto ai giovani talenti e la costruzione di una cultura della moda inclusiva.”

Carlo Capasa
Premio CNMI Sustainable Fashion Award22

A conclusione della settimana si è tenuta la presentazione del libro “Il lato oscuro della moda” organizzato da Sara Maino e Matteo Ward presso la Fondazione Sozzani in Corso Como. Nel libro l’imprenditrice, ricercatrice e attivista Maxine Bédat, racconta la storia di un paio di jeans, item iconico della moda, rivelando che la moda agisce senza trasparenza secondo i principi distruttivi dell’economia globale. Il dibattito poggiava appunto sul tema dell’industria della moda, che opera con una totale mancanza di trasparenza e su come continua ad ammaliarci e convincerci a spendere pesando sempre di meno al costo reale delle “cose”. Un libro che vuole essere contenitore della denuncia nei confronti del modello fast fashion, insostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma soprattutto dal punto di vista sociale.