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In conversazione sulla moda sostenibile: Fashion Revolution week

Si è appena conclusa la Fashion Revolution Week, evento globale che si tiene ogni anno dal 22 al 29 aprile per promuovere la moda sostenibile ed etica in riscontro all’attuale emergenza climatica.  Su questa scia, lo scorso 6 e 7 Febbraio 2023, presso l’Accademia di Belle Arti di Catania, per il corso di Storia della moda e con la collaborazione del docente Vittorio Ugo Vicari, è stato organizzato il seminario “In Conversazione sulla Moda sostenibile” che ho voluto proporre e curare in quanto promotrice della moda sostenibile e di quelle realtà che lavorano a tal fine.

Cos’è la moda sostenibile? È stata la domanda di partenza del seminario con lo scopo di sensibilizzare gli studenti verso una maggiore consapevolezza dei sistemi di produzione, in quest’epoca in cui il tema della moda sostenibile emerge come un megatrend, considerato il crescente interesse dall’incidente nella fabbrica Rana Plaza.                                                                                                

Le conversazioni riguardanti la tematica in oggetto, sono state strutturate in due giorni attraverso il confronto con tre realtà attuali di moda sostenibile nel panorama italiano: Trama Plaza, Arvoltura Zine e Fashion Revolution Italia, con le quali ho il piacere di collaborare attivamente.

Ad aprire la conversazione come prima ospite è stata Erica Brunetti, co-fondatrice e project manager di Trama Plaza, collettivo che ha sede a Milano nel quartiere del Giambellino e opera attraverso “l’agenda” ovvero remind giornaliero sugli eventi di moda sostenibile, creando sempre più connessioni tra le realtà nazionali. Il collettivo ènato durante la pandemia e fondato con il progetto della Scuola dei Quartieri del comune di Milano con lo scopo di sensibilizzare giovani e adulti attraverso la formazione e l’informazione.

Come sostiene Erica Brunetti “La forza del collettivo sono le persone, coinvolgere tutti senza limiti geografici, un collettivo che parte da Canicattì e arriva a Bolzano”. Lo scopo è quello di sensibilizzare verso la conoscenza della tematica per prenderne consapevolezza attraverso esperienze condivise.

Perchè Trama Plaza? Dieci anni dal 24 aprile 2013 dopo il decollo di Trama Plaza. Trama come metafora di ricostruzione del tessuto e network di persone. Raccontare ad un pubblico che non è ancora informato non è semplice e Trama Plaza lo fa con uno spettacolo teatrale: Gira la Moda, un’opera performativa tra teatro e danza, che utilizza i linguaggi dell’arte per raccontare il sistema di moda e quali son le buone pratiche per coloro che stanno lavorando in una direzione più etica e consapevole. Tra i festival c’è anche Rivestimi, evento di moda sostenibile organizzato a palazzo Renzo a Bologna nel 2022.

Brandelli di Cristina Falsone

Nella seconda parte della prima giornata ho avuto modo di parlare in prima persona della mia esperienza e carriera, tra studi, esperienze professionali e collaborazioni. In quanto Fashion Designer specializzata in moda sostenibile, come progetto di tesi magistrale preso lo Iuav di Venezia, ho sviluppato “Brandelli”, progetto che poi ha fatto parte di ARTvism, mostra digitale di Fashion Revolution Italia e Fondazione Pistoletto. Il titolo “Brandelli” prende ispirazione da un articolo di Vogue del 1967 “Arrivano i giullari con i pullover fuori taglia ed i brandelli di maglia”.

L’idea nasce dalla riflessione sulla maglieria, per indagarne il tema del riuso e della lavorazione manuale, la pratica di lavorazione ai ferri, come risposta di attivismo al consumismo e del concetto del DIY “Do It Yourself”. Partendo dall’analisi dei designer contemporanei, con il fenomeno del guerrilla knitting e l’aspetto rivoluzionario della maglia, ho poi dato rilievo all’operazione di redesign di maglie second hand, ovvero azioni di riuso e montaggio con interventi manuali diretti e lavori di ritaglio, al fine di decontestualizzare sia le caratteristiche di prodotti finiti e sia le peculiarità̀ comunemente attribuite agli indumenti in maglia.

Documentando le mie esperienze dirette in questi progetti, ho raccontato come la maglieria sia una pratica che – ancora oggi – ha un’importante valenza sociale e culturale, trasmissibile anche attraverso il suo utilizzo nella progettazione della moda contemporanea.

Il secondo giorno è stato dedicato ad Arvoltura zine e Fashion Revolution Italia. Katia Turchi, ideatrice del progetto Arvoltura zine come progetto di tesi finale allo Iuav di Venezia, insieme a Juri Giamboi e Gaetano Intilla lavorano per lo sviluppo del progetto dal 2021. Editoriale indipendente Made inMarche, la cui zine si concentra sulla figura del Fashion Designer inteso come un agitatore culturale fondamentale per proporre cambiamenti concreti all’interno del sistema moda. Ribellione, attivismo e agitazione sono le parole chiave con l’obbiettivo di creare una mappatura degli immaginari rivoluzionari e sostenibili del Made in Italy, costruendo il futuro necessario e possibile della moda.

Cosa significa Arvoltura? Arvoltura significa “rivoltura”, un fenomeno meteorologico in cui il mare da calmo diventa tempestoso. La mission è quella di creare una rete con talk, eventi, seminari e fieri. “Spesso la sostenibilità è poco appetibile, poco carismatica, piatta e spesso le generazioni che vogliono toccare questi temi si annoiano. Loro dicono che la sostenibilità deve essere ribelle, libera e creativa, deve essere punk! Non promuovere il brand, ma il progetto che sta dietro le pratiche sostenibili. C’è uno storytelling che sta alla base.” Leitmotiv: WE SHOULD ALL BE ACTIVIST!

Ultimo ospite di questo seminario è stato Giorgio Fermanelli attivista di Fashion Revolution Italia, il più grande movimento attivista per la moda, nato a Londra nel 2013. Attivo in oltre 100 paesi nel mondo, in Italia è presente dal 2014 con Marina Spadafora come coordinatrice di Fashion Revolution Italia e ambasciatrice di moda etica nel mondo. Attualmente attiva nella campagna “Good Clothes Fair Pay” per chiedere una legislazione sui salari dignitosi per le persone che confezionano i nostri vestiti.

Così, Fashion Revolution ha la funzione di ricercare ed istruire i lavoratori nel mondo della moda verso la sostenibilità non solo ambientale ma soprattutto sociale. Giorgio Fermanelli ha raccontato come la trasparenza e la tracciabilità della moda siano due aspetti fondamentali per iniziare un cambiamento, dice:

“Non esiste un business ed un prodotto completamente sostenibile ma possiamo arrivare verso una moda più responsabile dobbiamo prolungare la vita del nostro guardaroba e compiere delle scelte e degli acquisti responsabili, comprando soprattutto second hand ed interrogandoci sulla tracciabilità del brand che siamo pronti ad acquistare.”

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Yoshiyuki Miyamae: tessuto e innovazione alla Milano Design week ’23

Cina, inizi del II secolo d.C.. Il cittadino Cai Lun, presenta all’allora sovrano, l’imperatore Hedi, il primo prototipo di carta, prodotto con fibre di canapa e altri materiali di recupero grezzi. Successivamente, nel 610 d.C. la tecnica di produzione della carta giunse in Giappone. Da allora i suoi abitanti gli conferirono una grande importanza sia dal punto di vista creativo che religioso, cercando sempre nuovi modi per trasformarla e incorporare nel suo utilizzo quello che in molte culture orientali rappresenta un concetto dalla valenza quasi mistica, ovvero l’idea del mutamento, del cambiamento e della trasformazione della materia, fu così che nacque la tecnica degli origami, diffusi ancora oggi.

Quasi un millennio più tardi, nella primavera del 1999, sfila a Parigi un lunghissimo tessuto tubolare dal colore rosso fiammante, indossato contemporaneamente da più modelle creando quella che è a tutti gli effetti una catena umana. Si trattava di un’opera del designer giapponese Issey Miyake, che sfrutterà l’evento per lanciare “A-Poc” (A Piece of cloth), un tessuto piatto che diventa una forma solida se indossato, con l’ausilio del minimo apporto di tagli e cuciture.

Spostandoci ancora più avanti nel tempo, più precisamente nei giorni del fuori salone per la Milano Design week del 2023, tutti gli appassionati del settore possono godere della mostra con oggetto le creazioni di Yoshiyuki Miyamae, cresciuto all’interno della maison Issey Miyake e dal 2012 al 2019 erede del designer in veste di direttore creativo dell’azienda.

Entrato a far parte della “famiglia” Miyake nel 2001 e nominato nuovo stilista e direttore creativo della Primavera/Estate donna 2012 , Miyamae ha da sempre lavorato avvalendosi del principio alla base dell’arte dell’origami, ovvero l’aggiunta di una terza dimensione ad oggetti bidimensionali, attraverso una serie di piegature strategiche portando avanti quella che è a tutti gli effetti il retaggio artistico di Miyake.

Infatti a partire dagli anni Ottanta compì una vera e propria rivoluzione dei tessuti basata sul concetto di trasformazione delle materie tessili, attraverso innovazioni e prove di trasformazione caratterizzate in particolar modo dalla tecnica della plissettatura che conferisce al tessuto una presenza delicata ma al contempo indistruttibile, ed in questo senso Miyamae non fa eccezione.

Attraverso la mostra da lui curata infatti è possibile osservare come il designer tenga ancora vivo il concept del brand di appartenenza basando il suo operato sulla sperimentazione, sulla ricerca costante e su un perpetuo studio della forma e del volume dei tessuti che per decenni hanno caratterizzato la casa di moda giapponese. La mostra promuove inoltre il progetto A-POC ABLE, nuovo brand che ha debuttato in Giappone nel 2021 come evoluzione di A-POC. Esso si basa infatti sullo sviluppo di progetti ed oggetti non per forza d’abbigliamento ma anche di arredo, partendo da una stoffa la cui lavorazione viene progettata attraverso algoritmi digitali da un team di ingegneri (non a caso il suffisso ABLE presente all’interno del nome dell’iniziativa sta a indicare quella che è una possibilità di applicazione in continuo mutamento ed illimitata).

Non è di certo un caso che Myiamae abbia scelto il capoluogo lombardo (in un periodo al di fuori della fashion week), come sede per la sua mostra. Il designer si è detto più volte ispirato dalla culla del design rappresentata dalla città di Milano, sede inoltre di iniziative come il salone del mobile, occasione perfetta per presentare il progetto ad un pubblico di produttori italiani non necessariamente legati al mondo del fashion, con l’intento di stabilire partneship e collaborazioni, trasformando la mostra in una fucina di idee.

Per le creazioni in esposizione il team guidato da Miyamae ha inoltre collaborato con personalità molto in vista del panorama architettonico giapponese, in particolare con Tausuke Ohshima e Kai Suto, soci di Nature Architets, studio legato all’università di Tokyo.

Le opere proposte si basano sullo studio delle proprietà dei tessuti Steam strech. In particolare si espone il filato ad una temperatura elevata che ne causerà la contrazione, creando così un effetto rappresentante l’amalgamazione delle tecniche Pleats e A-POC, entrambe facenti parte da sempre dell’identità di Miyake.

A-POC: A Piece of cloth

A-POC ABLE

L’innovazione condivisa e l’unicità di queste due modalità costituiscono le principali caratteristiche dello Steam stretch, che utilizza appunto il calore (causato dall’emissione di vapore) per restringere il tessuto sia sulla trama che sull’ordito, disponendo così l’utilizzo di un tessuto elasticizzato attraverso il quale si arrivano poi a creare pieghe e forme di natura tridimensionale. Questo metodo risulta utile non solo per la creazione di oggetti ma racchiude in sé un potenziale illimitato anche per quanto riguarda la realizzazione di abiti.

Tra le opere esposte si palesano una giacca, un abito e diversi elementi di arredo come lampade (alcune anche di forma sferica). Questo assetto è volto a dimostrare quanto il progetto e l’ambito tessile possano essere onnipresenti e applicabili nella vita quotidiana, in un numero sempre più vasto di forme.

Ancor prima di portare le sue creazioni nel capoluogo lombardo, il concetto di trasformazione messo in atto da Miyamae risultava evidente nelle sue collezioni realizzate per Miyake. I progetti del designer sono infatti caratterizzati da silhouette geometriche adornate di colori brillanti e suggestivi, presenze quasi psichedeliche, che non mancano di rimanere fedeli ad una cura del tessuto con lavorazioni e fusioni di diversi materiali e volumi, in quella che risulta poi in passerella come una vera e propria ricchezza estetico-visiva sia per lo spettatore che per l’indossatore.

Nel 2021, il designer ha inoltre vinto il premio per l’innovazione ad Atene, per questo premio si è detto estremamente incoraggiato dal suo brand che gli ha costantemente infuso fiducia durante lo svolgimento del suo lavoro. Tuttora il designer si cimenta in grandi progetti di innovazione tecnologica in ambito tessile come la 3D STEAM TECNIQUE, verso la quale, nonostante le numerose difficoltà legate ai materiali di questa tecnica, si dice molto fiducioso.

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Il colore nella moda: oltre il genere

Moda e genere, due concetti indissolubili e imprescindibili per l’espressione personale, per l’identificazione di noi stessi nella società.

Oggi si vogliono abbattere le mura che limitano l’ espressione estetica del proprio Io e l’arte con la moda sono strumenti che hanno il compito di riflettere i cambiamenti culturali di un paese, di sostenere il rinnovo delle abitudini sociali.

Durante la storia sono esistiti esempi di rivoluzione nell’utilizzo di colori per l’uomo e per la donna e nel tempo questa distinzione è andata sempre più ad affievolirsi con la nascita di quello che si chiama “genere androgino”.

Il colore fa parte di quelli che possiamo definire “stimoli sensoriali”, in particolare quello della vista. Per retaggio culturale tendiamo a percepire il colore come un elemento che identifica il genere. Si parla di psicologia del colore dai tempi delle teorie Freudiane, insinuatesi poi nel mondo della moda negli anni ’20 attraverso studi sulla sessualità i quali portarono ad una netta separazione del genere maschile e femminile.

Quali sono i colori che da sempre identificano il genere?

Sicuramente il rosa, simbolo femminile ed il blu, simbolo maschile.

Ma la domanda di oggi è: esiste ancora questa distinzione del genere tramite il colore? Oppure i couturier di moda, coloro che si affacciano e aspirano all’arte tramite le loro creazioni vogliono sancire finalmente un salto di qualità del colore che vada oltre il genere.

Un esempio recente è stata la performance di moda di Pierpaolo Piccioli per Valentino, collezione autunno-inverno 2021.

In collaborazione con artisti contemporanei in quel di Venezia tra architettura, arte e moda, anche le fogge e la performance in sé va oltre la concezione dell’uomo e della donna, vedasi i mantelli, i color block contrastanti, lunghe sciarpe avvolgenti, mini bag a mano, lunghi guanti e l’alternarsi di modelle e modelli in un’unica passerella. Un cambio di tendenza considerando gli ultimi anni durante i quali si è vista una separazione netta e rigorosa tra uomo e donna.

Per quanto si puntasse sulla destrutturazione del capo, nelle sfilate si mantenevano comunque alcuni criteri standard sia per l’uomo e la donna, a partire dalle palette e nuance scelte. I colori scuri per l’uomo, verde militare, blu notte, boroeux, marrone, nero e beige.  

Sempre Pierpaolo Piccioli per Maison Valentino nella sua ultimissima sfilata a/w 23/24 ha portato in campo un accessorio del tutto maschile sul corpo femminile, giocando con il contrasto di colori come il nero, rosa cipria e l’immancabile rosso.

La cravatta, elemento tipicamente mascolino, afferma ancora di più la sua voglia di rimescolamento dei mondi, abbinandola a camicie velate o classic, mini dress e abiti lunghi. Una moda, quella di Piccioli che vuole farsi espressione di una nuova percezione, oltre il genere.

Shocking!
Les mondes surrŽalistes dÕElsa Schiaparelli
au MAD, musŽe des Arts DŽcoratifs, Paris
du 6 juillet 2022 au 22 janvier 2023

“Shocking! The Surreal World of Elsa Schiaparelli”

“Lavorare con artisti come Bébé Bérnard, Jean Coucteau, Salvator Dalì, Vertés and Van Dongen e con fotografi come Horst, Cecil Beaton e Man Ray, era esaltante. Ci siamo sentiti aiutati, incoraggiati e “sollevati dalla noia” dalla realtà materiale di fare vestiti per venderli”.

Elsa Schiaparelli

È la dichiarazione bibliografica di Elsa Schiaparelli che fa da cornice alla mostra biografica in corso al Musée des Arts Décoratifs a Parigi fino al prossimo 22 gennaio 2023.

La retrospettiva è stata possibile grazie alle donazioni che la stessa couturier ha fatto prima di morire all’ “Union Française des Arts du Costume” e al “Museo di Arte di Philadelphia”.

La selezione in mostra, racconta l’infinità di ispirazioni della Schiaparelli, fatte di gioie, di immaginazioni fantastiche e magiche, creando un dialogo tra passato e presente. Fil rouge legato all’attuale direttore creativo della Maison Daniel Roseberry.

Visitare la mostra è stata come una vera e propria immersione a 360 gradi nel mondo surrealista della mitica e leggendaria Elsa Schiaparelli.

La mostra si apre con centinaia di disegni della couturier stampati come carta da parati l’ultima sala espone i disegni di Daniel Rosberry attuale direttore creativo della Maison. L’idea della mostra è di rendere omaggio al lavoro dell’artista con il mondo dell’arte. “La sarta ispirata” come lei stessa amava definirsi collaborò per tutta la sua vita con i grandi artisti Surrealisti lavorandovi a stretto contatto.

Per la storia della couturier è stato cruciale lavorare a stretto contatto con gli artisti e creare abiti come forme di arte perché la stessa stilista si considerava un’artista. “Penso che quando lavorava con Cocteau, Dalí e altri, quelle barriere tra arte e moda chiedessero di essere abbattute. C’era un invito in un certo senso a essere sfidato culturalmente.”Una foto con Dalì con una scarpa in testa è presentata accanto al cappello scarpa del 1937, sottolineando il fatto che non ci sia distinzione tra arte e moda.

Decine e dozzine di creazioni abbagliano le stanze in un luogo sommerso. C’è un raggruppamento dei suoi maglioni lavorati a maglia- capi moderni negli anni ’20 – accentuati da fiocchi trompe l’oeil. Ci sono design che attestano le sue silhouette soigné, le sue costruzioni innovative e la sua ossessione prima per il bianco e nero ottico, poi per il suo ormai emblematico rosa shocking. Numerose sono le vetrine piene di meravigliosi bottoni scultorei, bijoux dorati che incorporano caratteristiche anatomiche e boccette di profumo più originali di qualsiasi cosa oggi sul mercato.

Ci sono più di 520 opere in mostra con quasi la metà di Schiaparelli. Coloro che sono abbastanza fortunati da visitare dovrebbero aspettarsi una festa (e prepararsi grazie alla cronologia dei risultati di Schiap di Laird Borrelli-Persson qui).


Se il fulcro dello spettacolo è innegabilmente Elsa, arriva in un momento in cui Roseberry ha potenziato il nome Schiaparelli attraverso le sue interpretazioni sbalorditive e risonanti della sua visione. Con Lady Gaga in costume Schiaparelli per l’inaugurazione del presidente Biden; Beyoncé alla 63a edizione dei Grammy Awards; e Bella Hadid, che a Cannes ha indossato quell’indimenticabile corazza simile a un ramo, le muse Schiaparelli di oggi stanno attirando una nuova generazione.

Questi pezzi zeitgeist possono iniziare come motivazione per la visita, ma Roseberry si aspetta che la scoperta più grande parli da sola. “Spero per i giovani, o per le persone che non conoscono davvero Schiap, che questa esperienza aggiunga un ulteriore livello di profondità al modo in cui si sentono nei confronti del marchio”, ha affermato.

E infatti, le discussioni tra la Maison e il museo sono iniziate anni prima dell’arrivo di Roseberry; molti dei prestiti sono stati garantiti prima che avesse la possibilità di intervenire. I ritardi causati dalla pandemia hanno favorito un allineamento delle stelle. “Oggi, il tempismo sembra eccellente, ma è un riassunto del caso”, ha detto Olivier, descrivendo Roseberry come “complice del museo” durante il processo.